Rezension über:

Sarah Broadie: Nature and Divinity in Plato's Timaeus, Cambridge: Cambridge University Press 2012, X + 305 S., ISBN 978-1-107-01206-6, GBP 55,00
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Rezension von:
Francesco Verde
Università degli Studi di Roma "La Sapienza", Rom / ILIESI-CNR, Rom
Redaktionelle Betreuung:
Mischa Meier
Empfohlene Zitierweise:
Francesco Verde: Rezension von: Sarah Broadie: Nature and Divinity in Plato's Timaeus, Cambridge: Cambridge University Press 2012, in: sehepunkte 13 (2013), Nr. 5 [15.05.2013], URL: https://www.sehepunkte.de
/2013/05/22569.html


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Sarah Broadie: Nature and Divinity in Plato's Timaeus

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Il volume che Sarah Broadie dedica al Timeo è un testo interessante e stimolante. Si tratta anche di un libro complesso, soprattutto per il numero di argomentazioni e per la modalità in cui esse vengono condotte. Il lettore che si accinge alla lettura di queste pagine, quindi, dovrà possedere una profonda e dettagliata conoscenza del dialogo, al fine di seguire correttamente il susseguirsi degli argomenti sollevati di volta in volta dall'Autrice.

Il libro è il risultato della rielaborazione di alcuni saggi che Broadie ha pubblicato dal 2001 al 2010, fino a un articolo (Fifth-century Bugbears in the Timaeus) apparso di recente nella Festschrift in onore di Charles Kahn (Las Vegas 2013). Il volume si compone di sette capitoli, di un'introduzione (What lies ahead, 1-6), di una conclusione (278-283) e di un'appendice (Appendix on 'parts of the paradigm', 284-285); concludono il libro una breve nota bibliografica (286-292), un indice generale (293-295) e un Index locorum (296-305). Alla fine di ogni capitolo si trova un Summary che sintetizza utilmente i risultati raggiunti.

Il primo capitolo (The separateness of the Demiurge, 7-26) si occupa del carattere separato del Demiurgo dalla sua diretta opera, il cosmo, che, secondo il discorso di Timeo, va considerato come un "dio"; in ciò Broadie intravede una netta differenza con la cosmogonia della tradizione ebraico-cristiana. In questa non solo Dio crea dal nulla, non avendo in origine alcun tipo di materiale a disposizione, ma il mondo creato non ha alcun carattere divino: ne è prova il fatto che esso non è oggetto di venerazione ma è piuttosto un luogo che raccoglie e ospita gli adoratori del creatore (11). Nel discorso di Timeo, invece, la distinzione tra i tre fattori che contribuiscono alla cosmogonia, ossia la causa, il prodotto e i materiali utilizzati, è assai netta. Evidentemente quegli interpreti che identificano il Demiurgo con l'Anima del mondo non solo negano la separatezza del Demiurgo dal cosmo, ma reputano l'Anima come una sorta di Demiurgo immanente, quasi anticipando il concetto - ripreso in particolare da Agostino - di creatio continua. Broadie, al fine di legittimare la separatezza del Demiurgo, ritiene che, mentre l'Anima del mondo è una "one-one cause" - in quanto il suo unico compito è quello di animare il cosmo -, il Demiurgo è una "one-many cause" (18); nel Timeo, infatti, è la causa di molti e diversi effetti (il corpo cosmico, l'Anima del mondo, gli dei celesti): di qui la sua separatezza dagli effetti che produce e con i quali, pertanto, non può identificarsi.

Il secondo capitolo (Paradigms and epistemic possibilities, 27-59) è dedicato all'esame del paradigma osservato dal Demiurgo e alla possibilità di conoscenza del cosmo riconosciuta agli uomini tramite gli eikotes logoi che strutturano la cosmologia (che va considerata specialmente nella sua dimensione religiosa, 52). Giustamente Broadie connette la possibilità di conoscere il cosmo al fatto che il cosmo stesso è immagine (eikon) del paradigma; dato che i logoi cosmologici sono eikotes, essi sono essenzialmente "refutable" (59), sebbene l'Autrice si impegni a distinguere fra logoi cosmologici che non sono affatto 'negoziabili' (e che, quindi, sono 'assiomi', come, per esempio, il fatto che il cosmo "is the most perfect physical system that benevolent divine intelligence could have made", 52) e logoi che, invece, lo sono. Broadie evidenzia con efficacia la "epistemic flexibility" (48) - legata a diversi livelli di plausibilità, dunque - di alcune delle spiegazioni teoriche in ambito cosmologico proposte da Timeo.

Il terzo capitolo (The metaphysics of the paradigm, 60-83) riguarda ancora l'analisi del paradigma ideale; si giunge qui alla conclusione che il Timeo offre principalmente una cosmologia piuttosto che una metafisica (61). L'oggetto privilegiato del dialogo è in prima istanza il cosmo fisico, considerato in riferimento al paradigma "'thick' intelligible" (71), e non il paradigma inteso come mezzo per la comprensione del cosmo fisico (79). Ciò permette di reputare la cosmologia "not a science in its own right but as a praeparatio for a science of the incorporeal as such" (80).

Il quarto capitolo (Immortal intellect under mortal conditions, 84-114) approfondisce quello che sembra un paradosso a tutti gli effetti (87), ossia la compresenza nell'essere umano dell'anima immortale "under mortal conditions" (84). Broadie traccia chiaramente la differenza tra l'Anima del mondo e le anime immortali: sebbene abbiano una composizione materiale simile (che legittima la loro affinità, del resto l'Anima del mondo è come se fosse "the elder and superior sister of human reason", 280), le seconde, a differenza della prima, essendo essenzialmente "oriented towards mortal embodiement" sono "individualised" e proprio tale 'particolarizzazione/individuazione' giustifica la loro "moral responsibility for embodied action" (84).

Nel quinto capitolo (The Timaeus-Critias complex, 115-172) Broadie si occupa del 'resoconto storiografico' della vicenda di Atlantide offerto a Socrate da Crizia. Tenendo sullo sfondo la netta distinzione tra "dialogue-world" e "real world" (130) e il fatto che la storiografia (insieme alla cosmologia) è un genere tipicamente non socratico, Broadie rileva come dietro la narrazione delle vicende di Atlantide si nasconda la vittoria di Maratona del 490 a.C. e, quindi, la dura critica platonica all'imperialismo e alle catastrofiche mire espansionistiche di Atene, che nulla possiede della kallipolis tratteggiata da Socrate nella Repubblica.

Il sesto capitolo (The genesis of the four elements, 173-242) studia la generazione dei quattro elementi che nel dialogo ha due cause complementari (195) relative l'una al Ricettacolo (chora), l'altra alla strutturazione geometrica che segna il passaggio dal disordine all'ordine e, pertanto, l'atto di plasmazione intelligente operato dal Demiurgo. Il 'secondo inizio' (47e 3 ss.) della narrazione di Timeo, legato all'opera della Necessità (e alla sua 'persuasione' da parte dell'Intelligenza) e dei suoi effetti, viene interpretato come "a label for the four elements and their properties" (237-238). Il Ricettacolo ricopre un ruolo cosmologico prima che ontologico e metafisico, ovvero quello di fornire uno spazio che possa motivare i "characteristic local motions towards different regions" (195) e i "separative movements" (240) dei quattro elementi (cosa che non fa la trattazione geometrica).

L'ultimo capitolo (Divine and natural causation, 243-277), infine, tratta della vexatissima quaestio (già antica) relativa alla lettura letterale e all'esegesi allegorica del Timeo. Broadie considera in termini letterali e storici la narrazione di Timeo, approfondendo soprattutto una delle tre tipologie del "proto-historical feature" (249) che ella riconosce, ossia quella (PH3) per cui la plasmazione divina del cosmo si è compiuta molto tempo fa ma a partire da adesso (250). Secondo tale modalità esegetica non solo si esclude l'eternità del cosmo, ma si legittima soprattutto l'idea che dall'inizio in avanti il mondo proceda "in accordance with natural processes and natural causal connections" (257). Il cosmo di Timeo, dunque, assommerebbe in sé sia l'origine divina sia il carattere intrinsecamente naturale; così facendo Platone avrebbe risposto criticamente tanto all' 'allegorizzazione' proposta da Senocrate, quanto al 'letteralismo' di Aristotele (273-274).

Il volume non offre una innovativa lettura del Timeo, dato che giunge a conclusioni che buona parte degli interpreti accoglierebbe senza difficoltà. Ciò non è né una critica negativa né una diminutio di questo importante lavoro, se si tiene conto del fatto che, a mio parere, non era questo lo scopo che l'Autrice intendeva perseguire. Il pregio di questo libro consiste, invece, nella originale e sempre acuta batteria di argomentazioni che Broadie solleva, fornendo così un approccio teorico che non potrà essere trascurato da chi deciderà di dedicarsi seriamente allo studio del Timeo e di confrontarsi con le tante asperità che questo dialogo pone.

Francesco Verde