Rezension über:

Peter Isépy: Zur mittelalterlichen Überlieferung von Aristoteles' De motu animalium. Die Bedeutung der Übersetzung Wilhelms von Moerbeke und der Paraphrase Alberts des Großen für die griechische Texttradition (= Serta Graeca; Bd. 31), Wiesbaden: Reichert Verlag 2016, XI + 336 S., 11 s/w-Abb., ISBN 978-3-95490-130-2, EUR 98,00
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Rezension von:
Coralba Colomba
Dipartimento di Studi Umanistici, Università del Salento, Lecce
Redaktionelle Betreuung:
Ralf Lützelschwab
Empfohlene Zitierweise:
Coralba Colomba: Rezension von: Peter Isépy: Zur mittelalterlichen Überlieferung von Aristoteles' De motu animalium. Die Bedeutung der Übersetzung Wilhelms von Moerbeke und der Paraphrase Alberts des Großen für die griechische Texttradition, Wiesbaden: Reichert Verlag 2016, in: sehepunkte 17 (2017), Nr. 6 [15.06.2017], URL: https://www.sehepunkte.de
/2017/06/29453.html


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Peter Isépy: Zur mittelalterlichen Überlieferung von Aristoteles' De motu animalium

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Il testo greco del De motu animalium (da ora De motu) di Aristotele ha avuto varie edizioni critiche dopo quella, ancora oggi di riferimento per la citazione del testo, curata da Bakker nel 1831. Tra queste il lavoro di Martha Nussbaum [1] ha rappresentato per lungo tempo una pubblicazione fondamentale sullo stato della tradizione greca del trattato, per alcuni definitivo e punto di partenza per la ricerca successiva. Gli studi su questa tradizione, difatti, non si sono mai interrotti, rilevando progressivamente la conoscenza parziale della trasmissione greca e l'insufficiente considerazione di quella latina da parte delle edizioni precedenti. A partire dal Symposium Aristotelicum del 2011 Oliver Primavesi [2] ha presentato una nuova proposta di edizione critica, individuando un ramo finora ignorato della trasmissione greca dell'opera (β). Il lavoro di Peter Isépy, frutto di una dissertazione dottorale presentata nel 2013 presso la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera, si inserisce in questo progetto di nuova edizione, traduzione e commento del De motu di Aristotele diretto da Primavesi, e offre un'analisi approfondita della trasmissione indiretta mediolatina del trattato. Come per molti dei testi del corpus aristotelico, infatti, la conoscenza delle redazioni latine medievali si rivela essenziale per la ricostruzione del testo greco e della sua tradizione. Questa situazione è stata spesso rilevata dagli autori dell'Aristoteles latinus, e nel caso del De motu da Pieter De Leemans [3], che curando l'edizione critica della traduzione di Guglielmo Moerbeke ha esaminato per la prima volta e dettagliatamente la trasmissione mediolatina del De motu e ricostruito la Translatio anonyma usata da Alberto Magno nella sua parafrasi del trattato aristotelico. Partendo dallo studio di De Leemans, Isépy individua il legame dei modelli greci delle traduzioni di Moerbeke e della Translatio anonyma con il ramo β individuato da Primavesi. In questo senso appare evidente il valore che la trasmissione latina acquista rispetto all'insieme dei testimoni greci del trattato. L'indagine di Isépy mira ad approfondire questo legame e a situare le due redazioni mediolatine e la ricostruzione dei loro modelli greci all'interno della tradizione greca individuandone il significato per la storia del testo.

Tutto il lavoro, dunque, si basa sul ramo β; sconosciuto ai precedenti editori e ricostruito da Primavesi. I rami a e b dello stemma codicum della Nussbaum non devono dunque essere più considerati archetipi, ma interni a un unico archetipo α, parallelo alla nuova famiglia β. Dopo aver ripercorso la storia delle edizioni critiche del De motu e le loro caratteristiche (I. Die Editionsgeschichte von De motu animalium), Isépy si addentra in un esame dettagliato della traduzione di Moerbeke (II. Die Übersetzung Wilhelms von Moerbeke) e della Parafrasi di Alberto Magno (III. Die Paraphrase Alberts des Großen und die Übersetzung des Anonymus) individuando, sulla scorta di De Leemans, gli argomenti a favore della nuova famiglia β, "tatsächlich um einen alten unabhängigen Übersetzungsarm und nicht um die Konjekturen eines byzantinischen Gelehrten".

La traduzione di Guglielmo Moerbeke, della quale non abbiamo codici autografi, è conservata in numerosi manoscritti. Come De Leemans ha dimostrato, Guglielmo usò due esemplari greci, che non ci sono pervenuti. Mentre il primo (Γ1) fa parte del ramo b dello stemma della Nussbaum, Γ2 sarebbe riferibile al gruppo di codici che Primavesi ha identificato come nuovo ramo (β) del De motu greco. Moerbeke utilizzò Γ1 per una prima traduzione (G1) e Γ2 per due revisioni indipendenti della prima versione (GR' e GR"). In ogni fase della sua traduzione ebbe accesso a questi due modelli greci e le sue tre redazioni latine si differenziano per il numero crescente di lezioni della famiglia β che tramandano. Anche della Translatio anonyma utilizzata da Alberto Magno per la sua parafrasi non ci è giunto alcun testimone, ma abbiamo fortunatamente un codice autografo dell'autore che ha permesso una non facile ricostruzione del modello greco (A). La diversa distribuzione dei tre modelli greci dei testimoni latini (Γ1, Γ2, A) nella tradizione dell'opera e le loro relazioni vengono quindi riprodotte graficamente in uno stemma codicum (235) diviso in tre blocchi tematici, uno per ciascuno dei "Vorlage" greci (IV. Stemma codicum).

Per quanto riguarda la prima redazione latina del De motu, ci sono molte indicazioni sia storico-culturali sia di critica del testo che Guglielmo abbia basato la sua traduzione su una parte perduta del famoso codice Vind. phil. gr. 100 (J), il più antico testimone di opere aristoteliche giunto sino a noi, datato al IX secolo (ca. 860). Vi sono diverse considerazioni a sostegno di questa tesi che Isépy ripercorre nell'ultima parte del volume (V. Γ1 - Ein verschollener Teil des Vind. Phil. gr. 100?). Prima fra tutte, il Vindobonensis fu il modello delle traduzioni e delle revisioni di Moerbeke per tutti i trattati di Aristotele che esso conserva. è ormai stato accertato, difatti, che il codice viennese avesse una seconda parte (in cui tramandava i trattati zoologici di Aristotele), con la quale costituiva una sorta di "collezione filosofica" di testi (neo)platonici e aristotelici. Questa possibile equiparazione di Γ1 con J, permette di svolgere alcune congetture sui legami storici e culturali delle due redazioni mediolatine. Γ1, pertanto, e A, il testo greco da cui deriva la Translatio anonyma, presentano relazioni stemmatiche che li pongono in un rapporto privilegiato. Questo lascerebbe supporre che Guglielmo di Moerbeke trovò J (identificato con Γ1) sulla via per la Grecia nel 1260 nel monastero di San Nicola di Casole, vicino a Otranto, dove lo stesso A era custodito.

Il volume è infine corredato da una ricca bibliografia e da una serie di appendici e indici (Namen, Codices manuscripti, Codices deperditi).

Isépy realizza uno studio fondamentale per comprendere i rapporti e i legami tra la nuova tradizione greca individuata da Primavesi e la trasmissione mediolatina del De motu aristotelico, che concorrono entrambe in momenti storici differenti a ricostruire la vulgata bizantina perduta. Il lavoro si rivela prezioso non solo dal punto di vista delle parentele e delle dipendenze filologiche che individua tra le due trasmissioni, greco e latina, ma in ultimo per i nuovi scenari, le ipotesi e gli interrogativi storico-culturali che apre sul ruolo di San Nicola di Casole nella storia del testo e nell'attività di Guglielmo Moerbeke in generale.


Note:

[1] Il lavoro fu presentato prima come dissertazione presso la Harvard University nel 1975, poi pubblicato nel 1978 e aggiornato nel 1985: Martha .C. Nussbaum (ed.): Aristotle's "De motu animalium". Text with Translation, Commentary, and interpretative Essays, Princeton 1978 (19852).

[2] Oliver Primavesi: Aristotle, Metaphysics A. A New Critical Edition with Introduction, in: Carlos Stelle (ed.): Aristotle's Metaphysics Alpha, (Symposium Aristotelicum) Oxford 2012, 385-516.

[3] Pieter De Leemans (ed.): Aristotele. De progressu animalium, De motu animalium, Translatio Guillelmi de Morbeka (Aristoteles Latinus, XVII 2.II-III), Bruxelles 2011.

Coralba Colomba