Michael Squire / Johannes Wienand (eds.): Morphogrammata / The Lettered Art of Optatian. Figuring Cultural Transformations in the Age of Constantine (= Morphomata; Bd. 33), München: Wilhelm Fink 2017, 548 S., 20 Farb-, 65 s/w- Abb., ISBN 978-3-7705-6127-8, EUR 78,00
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Johannes Wienand (ed.): Contested Monarchy. Integrating the Roman Empire in the Fourth Century AD, Oxford: Oxford University Press 2015
Fabian Goldbeck / Johannes Wienand (Hgg.): Der römische Triumph in Prinzipat und Spätantike, Berlin: De Gruyter 2016
Paul A. Kottman / Michael Squire (eds.): The Art of Hegel's Aesthetics. Hegelian Philosophy and the Perspectives of Art History, München: Wilhelm Fink 2018
Il volume raccoglie i contributi di un seminario internazionale tenutosi a Colonia nel luglio del 2015: esso si apre con la riproduzione dei carmi figurati di Optaziano Porfirio secondo una nuova veste tipografica che - rispetto alla precedente edizione del Polara - ha il merito di utilizzare lettere di un unico formato, distinte con un'efficace gradazione grigio-chiara.
Nel capitolo introduttivo Optatian and his lettered art, Michael Squire passa in rassegna gli accorgimenti tipografici adottati nella tradizione manoscritta (73-75), di cui si dà testimonianza grafica nell'appendice. Lo studioso spiega il titolo Morphogrammata in relazione al carattere insieme testuale e visuale dei carmi optazianei, che "reflect and construct a particular Weltanschauung, one rooted in the cultural outlooks of the Constantinian age itself" (92) e che anticipano molte tendenze della cultura contemporanea, come l'intersezione di generi e media.
Nel secondo contributo Publilius Optatianus Porfyrius: The man and his book, Johannes Wienand analizza la biografia del poeta attraverso la revisione dei fondamentali contributi di Barnes. In particolare, lo studioso si sofferma sui rilevanti incarichi conferiti a Optaziano subito dopo la revoca dell'esilio, interpretabili come un omaggio di Costantino all'uomo e alla sua pregevole arte. Non del tutto convincenti appaiono le argomentazioni di Wienand sulle due epistole in prosa premesse al corpus optazianeo, che risalirebbero al periodo precedente all'esilio e che il poeta avrebbe selezionato per includerle nella seconda edizione del suo libretto (153): la selezione delle due lettere presupporrebbe un epistolario tra l'imperatore e il poeta di cui non si possiede alcuna testimonianza diretta, per cui sarebbe auspicabile maggiore prudenza.
Nel terzo contributo Optatian and the order of court riddlers, Jan Kwapisz indaga la tradizione dei technopaegnia ellenistici, concentrandosi sui modelli per i carmi 26 e 27 di Optaziano: l'autore indaga le analogie di stile e di contenuto con i modelli, segnatamente con Vestino. Quest'ultimo, che offrì il proprio objet d'art all'imperatore Adriano, avrebbe fornito un valido modello di dono poetico ad Optaziano, indotto a far rivivere "the courtly poetic tradition of learned Alexandrianism in his own dialogue with Constantine" (182). Più sfumati appaiono i punti di contatto con gli epigrammi di Leonida (183-187).
Nel quinto contributo Lector ludens: Spiel und Rätsel in Optatians Panegyrik, Anna-Lena Körfer si sofferma sull'interazione del lettore con il testo poetico, al punto da considerarlo un co-autore dell'autore. La studiosa inserisce l'operazione optazianea nel solco della tradizione "ludica" tardoantica (il Cento nuptialis di Ausonio e numerosi carmi dell'Anthologia Latina), che spesso presuppone la diffusione di lusus poetici all'interno di raffinati circoli aristocratici. Il lettore sarebbe chiamato ad un atto di lettura performativa, non solo a livello di decostruzione del testo, bensì anche di costruzione di senso attraverso meccanismi ludici e strategie multiple di lettura. La studiosa si sofferma sul carme 6, in cui "ist Konstantin als adressierter Leser nicht nur Feldherr im Text, sondern auch und Mit- und Gegenspieler des Autors" (205).
Nel quinto contributo Vielschichtige Palimpseste: Optatians Gedichte und die Möglichkeiten individueller Lektüren, Meike Rühl indaga le possibili modalità di lettura dei carmi. Il carme 13 e soprattutto il carme 2, in cui "Optatians Versquadrat ist die Welt, in deren Mittelpunkt Caesar steht, und demonstriert und antizipiert so Weltordnung wie goldenes Zeitalter" (232-233), richiedono un percorso obbligato di lettura. Altri carmi, come il 18, contemplano una lettura encomiastica opzionale, concedendo spazio a molteplici letture individuali e a diversi livelli esegetici. Interessante risulta il parallelismo per contrasto tra il carme 16 e un passo dell'Odissea (6, 187-190), tale da giustificare una dimensione epicheggiante nella poesia optazianea (247-252).
Nel sesto contributo The treatment of space in Optatian's Poetry, Marie-Odile Bruhat mette in luce come Optaziano - nello spazio della pagina - faccia interagire lo spazio dell'esilio, lo spazio dell'ispirazione poetica e lo spazio in cui Costantino esercita il suo supremo potere imperiale. Risultano assai sfumati i riferimenti al luogo dell'esilio, presentato dalla prospettiva della musa poetica che da quei luoghi proviene, e non da quella del poeta che ivi risiede, come nell'elegia incipitaria dei Tristia di Ovidio. Optaziano sposta l'attenzione dallo spazio dell'esilio a quello della ricezione imperiale. La concezione unitaria dello spazio nei carmi optazianei rifletterebbe la volontà politica di Costantino di riunificare l'impero dopo la vittoria su Licinio.
Petra Schierl e Cédric Scheidegger Lämmle si occupano di Herrscherbilder. Optatian und die Strukturen des Panegyrischen: affrontano la questione relativa al vultus di Costantino, rappresentato e descritto nel carme 3 non in modo esplicito, ma probabilmente mediante un signum stilizzato di non semplice interpretazione. Il riferimento nel carme ad Apelle (e all'Epistola ad Augusto di Orazio) risulterebbe funzionale alla definizione della poesia optazianea come Gesamtkunstwerk (299) e all'esaltazione di Costantino quale epigono di Augusto e, ancor prima, di Alessandro Magno. In modo convincente gli studiosi sostengono che il vultus di Costantino sia sotteso al carme come "Ergebnis des Signifikationsprozesses, der in der selbst-reflexiven, solipsistischen Konfiguration des Gedichtes gabannt ist" (309).
Nell'ottavo contributo Morphogrammata - Klangbilder?, Irmgard Männlein-Robert focalizza l'attenzione sulla "multifunzionalità" della poesia optazianea. Nel carme 3, con un artificio insieme metrico, pittorico e musicale, Optaziano mirerebbe a superare l'arte - esclusivamente pittorica - di Apelle. Il vultus dell'imperatore potrebbe coincidere con la rappresentazione iconica di un'aquila o di una farfalla / fenice, a ragione anche di alcuni paralleli numismatici: in proposito, si rivela ingegnoso il riferimento al cognomen di Optaziano, che potrebbe costituire la sphragìs degna di un poeta doctus. La studiosa riserva spazio anche alla dimensione acustica dei carmi, che si potrebbe collegare con finalità psicagogiche.
Martin Bažil, nel suo contributo intitolato Elementorum varius textus: Atomistisches und Anagrammatisches in Optatians Textbegriff, fornisce un'indagine lessicale sulle famiglie semantiche del texere e del nectere, a partire dal carme 25, che consiste in un intreccio permutativo. Lo studioso riporta i risultati dell'indagine su textus e texere in Lucrezio e in Manilio, in riferimento agli atomi e ai corpi celesti, al fine di ipotizzare una concezione atomistica anche nella poesia optazianea (cioè la combinazione di vari elementi linguistici nell'unità dell'opera artistica). Particolarmente originale risulta il collegamento con la concezione anagrammatica di de Saussure: se ne potrebbe riconoscere un'analogia con i percorsi di lettura dei versus intexti e con il processo di risemantizzazione di numerosi prestiti letterari.
Aaron Pelttari, nel contributo A lexicographical approach to the poetry of Optatian, definisce il carme 25 come "a Proteus poem that was meant to be rearranged in almost endless permutations" (369): lo analizza considerando le 20 parole della strofe di base, secondo un approccio lessicografico. Il contributo include anche l'analisi lessicografica di alcuni lemmi significativi del lessico optazianeo, inseriti nella tradizione latina classica e tardoantica.
Nell'undicesimo contributo Optatian and his œuvre: Explorations in ontology, Thomas Habinek analizza il carme 8 in comparazione con effigie numismatiche d'età costantiniana e con la topografia della nuova capitale Costantinopoli, e il carme 10, che risulta iscrivibile in una dimensione di luminosità preziosa e simbolica. Lo studioso contestualizza la poesia optazianea nel quadro del pensiero ontologico tardoantico (aristotelico, stoico e neoplatonico): il lettore sarebbe coinvolto in una molteplice ricezione della stessa "sostanza", variamente declinata secondo il principio della poikilìa, soprattutto a livello coloristico.
In The power of the jewelled style Sophie Lunn-Rockliffe ferma l'attenzione sui signa rilevabili nei versus intexti e nelle gemme e nei gioielli coevi. Il Chrismon nei carmi optazianei potrebbe essere una trasposizione della coeva iconografia imperiale (e militare), nella sua valenza di "identity marker" e di simbolo salvifico. La studiosa si sofferma sul valore magico connesso con i versus intexti, che risulta estendibile anche ai nomina sacra nella loro componente grafica e fonica (per es. nel carme 8). La commistione di latino e greco negli intexti del carme 19 potrebbe denunciare inferenze soteriologiche, proprie anche della raffinata nave ivi raffigurata. La studiosa conclude affermando che il libellus di Optaziano potrebbe essere stato "an object which had a powerful effect" (454), e non solo un semplice strumento di comunicazione tra il poeta e l'imperatore.
Jesús Hernández Lobato, nel contributo Conceptual poetry: Rethinking Optatian from contemporary art, intende ripensare la poesia optazianea dalla prospettiva concettuale del XX secolo: lo studioso suggerisce un parallelo con l'opera concettuale "A Heap of Language" di Robert Smithson e con l'opera "One and Three Chairs" di Joseph Kosuth. Gli aspetti metapoetici e autoriflessivi dell'opera di Optaziano coincidono con la dimensione tautologica dell'arte concettuale; l'analogia riguarderebbe anche i concetti di atemporalità, eternità, infinito, che costituiscono un tratto peculiare della Spätantike. Concettuale risulterebbe anche il ruolo giocato dal lettore, chiamato a contribuire alla definizione di senso della poesia - talvolta con l'ausilio degli scoli e dei dati metatestuali -, e la "dematerializzazione" dell'opera d'arte presupposta dai carmi combinatori.
Il "Dittico" conclusivo di Jaś Elsner e John Henderson consiste in una riflessione finale sul volume e i suoi temi. Il primo si occupa del riuso della tradizione classica e imperiale nell'ottica del cristianesimo sincretistico auspicato da Costantino: l'opera optazianea costituirebbe un parallelo testuale dell'Arco di Costantino. Il secondo discute i carmi 5 e 14 da una prospettiva strettamente letteraria.
I contributi raccolti nel volume edito dalla Wilhelm Fink hanno il merito di inserire l'opera optazianea nel contesto storico-culturale di riferimento - un'epoca di profonde trasformazioni - secondo differenti e stimolanti approcci disciplinari, che ne fanno un punto saldo nella bibliografia optazianea.
Giuseppe Pipitone