Charles E. Muntz: Diodorus Siculus and the World of the Late Roman Republic, Oxford: Oxford University Press 2017, XIV + 284 S., ISBN 978-0-19-049872-6, GBP 64,00
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L'autore, fin dal titolo del volume, si pone consapevolmente sulla scia della ormai canonica opera di Kenneth S. Sacks (Diodorus Siculus and the first century, Princeton 1990), che per primo, nel lontano 1990, ha voluto (e saputo) leggere la Biblioteca Storica di Diodoro non in riferimento ai fatti storici narrati, ma in stretto rapporto con il mondo in cui lo storico viveva e lavorava.
Dopo una breve pagina dedicata ai ringraziamenti, l'Autore entra subito in medias res nel primo capitolo ('Diodorus, Quellenforschung, and Beyond', 1-26). Dopo una breve analisi delle poche notizie biografiche che abbiamo su Diodoro, l'Autore mette in evidenza due elementi che collegano direttamente lo storico con Cesare e la sua politica: da un lato, la puntuale descrizione del calendario solare egiziano, introdotto a Roma nel 47 BCE proprio da Cesare, dall'altro, l'esaltazione della clemenza dei governanti, clemenza che era una delle parole d'ordine della propaganda cesariana. Dopo un rapido status quaestionis sulla Quellenforschung diodorea, l'Autore presenta il piano e lo scopo del suo lavoro: uno studio approfondito dei primi tre libri della Biblioteca Storica per dimostrare come essi siano legati al mondo della tarda Repubblica Romana, mondo nel quale Diodoro sperava di essere pienamente accettato.
Nel secondo capitolo ('Organizing the World', 27-56), l'Autore cerca di capire come Diodoro ha organizzato il suo lavoro per "costruire" una storia universale, che aveva come modello fondamentale la storia universale scritta da Eforo nel IV secolo BCE, storia che Diodoro esplicitamente loda per la sua organizzazione katà genos. In quest'ottica l'Autore dà notevole rilievo sia al tema della cosiddetta translatio imperii, sia alla descrizione degli schemi geografici che sono uno dei cardini dell'architettura della Biblioteca Storica.
Nel terzo capitolo ('The Origins of Civilization', 57-88) si torna ad una minuta analisi dei primi tre libri della Biblioteca Storica, in modo da mettere in evidenza il grande interesse di Diodoro per quella che l'Autore indica come Kulturgeschichte, cercando di connetterla con il tema, centrale nella tarda Repubblica Romana, delle conseguenze che la caduta del cosiddetto metus hostilis aveva avuto nella società, sempre meno coesa e sempre più preda di pulsioni autodistruttive.
Nel quarto capitolo ('Mythical History', 89-131) l'Autore, dopo una lunga disamina del rapporto tra mitologia e storia prima di Diodoro e in età ellenistica, si sofferma sulle sezioni mitiche dei primi tre libri della Biblioteca Storica, con però molti riferimenti ai possibili contenuti dei primi (perduti) libri storici, dando particolare rilievo ai legami tra Diodoro e le teorie storiografiche di Evemero, il quale riteneva gli dei immagini mitizzate di antichi re che avevano lasciato un grande ricordo di sé.
Nel lungo quinto capitolo ('The Deified Culture Bringers', 133-189), l'Autore affronta uno degli argomenti per lui più importanti: cercare di capire i processi di divinizzazione dei grandi uomini messi in atto da tutta la storiografia anteriore a Diodoro, per poi passare ad analizzare la posizione dell'autore della Biblioteca Storica, sempre allo scopo di inquadrare l'atteggiamento da lui tenuto nella realtà che lo circondava. In quest'ottica, l'Autore sottolinea come, a suo avviso, Diodoro abbia accettato la divinizzazione di quelli che egli chiama "Culture Bringers" (che forse potremmo tradurre come "civilizzatori"), negandola a coloro, come Semiramide (e anche Alessandro Magno), che si erano distinti soprattutto come conquistatori. Naturalmente Cesare, secondo Diodoro, potrebbe essere sicuramente annoverato tra i "Culture Bringers", anche se non possono certo essere disconosciuti i suoi meriti militari.
Nei capitoli sei ('Kings, Kingship, and Rome', 191-214) e sette ('The Roman Civil Wars and the Bibliotheke', 215-247), l'Autore si concentra sugli ipotetici rapporti tra Diodoro e l'establishment romano, per arrivare alla conclusione, altrettanto ipotetica, che Diodoro, vivendo nel turbolento periodo della guerra civile tra Antonio e Ottaviano, pur propendendo all'inizio per il primo dei due (come dimostrerebbero le molte lodi al mondo egiziano), avrebbe comunque cercato di barcamenarsi per evitare i rischi connessi ad una decisa presa di posizione. L'Autore non se la sente neppure di escludere che Diodoro abbia alla fine rinunciato a pubblicare in toto la sua Biblioteca Storica perché la definitiva vittoria di Ottaviano rendeva problematico il mantenimento dei contenuti degli ultimi (purtroppo perduti) libri dell'opera.
Giunti alla fine di questa disamina, cosa dire? Si tratta di un libro interessante, ben scritto, molto scorrevole, ma dalle argomentazioni rese fragili dallo loro (spesso totale) ipoteticità: è possibile che Diodoro fosse sostanzialmente estraneo ai circoli letterari di Roma, che desiderasse entrarvi e che fosse tendenzialmente dalla parte di Antonio (forse perché quest'ultimo aveva caldeggiato la proposta di concedere la cittadinanza romana a tutti gli abitanti della Sicilia, proposta poi ufficialmente cassata da Ottaviano) ... ma noi non abbiamo nessuna certezza in proposito, perché i libri dedicati alla storia di Roma nel I secolo BCE sono perduti ...
Per quanto riguarda la bibliografia, ancora una volta dobbiamo rimarcare la stragrande preponderanza dei testi in inglese e la dimenticanza, volontaria o meno che sia, di molti testi nelle altre lingue da sempre considerate 'scientifiche' negli studi classici, italiano in primis: basti pensare che non sono citati i commenti storici a parecchi libri di Diodoro che sono usciti, a partire dal 2008, presso l'Editrice Vita%Pensiero di Milano.
In ogni caso, siamo di fronte a un testo intrigante e volutamente molto innovativo, che costituisce una lettura interessante e ricca di stimoli, anche per chi non condivide molte delle opinioni dell'Autore.
Franca Landucci