Uwe Michael Lang: The Roman Mass. From Early Christian Origins to Tridentine Reform, Cambridge: Cambridge University Press 2022, XI + 445 S., 12 s/w-Abb., ISBN 978-1-108-83245-8, GBP 89,99
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La storia della liturgia romana costituisce un punto di osservazione privilegiato, dal quale è possibile indagare la progressione storica di molteplici discipline: è dunque assai felice l'intento perseguito da Uwe Lang di voler includere nella sua presentazione tutti i quei domini che da essa ricevettero notevoli influenze, specialmente l'architettura e la musica. Invece di limitarsi ad una trattazione, sia pure dettagliata, di singoli aspetti, il volume offre così un quadro sintetico a rettifica della ben nota tesi sostenuta da K. Jungmann [1], secondo la quale ad un periodo di acme da collocarsi tra V e VI secolo farebbe seguito una lunga decadenza protrattasi fino al termine del medioevo e parzialmente cristallizzata dal Concilio di Trento. Se dunque il libro del gesuita tedesco resta un riferimento imprescindibile quanto alla ricchezza delle fonti presentate criticamente, la ricostruzione approntata da Uwe Lang permette di emendarne la consapevolezza storica.
Il volume si apre con un capitolo dedicato all'esegesi dei loci neotestamentari concernenti l'Ultima cena: il confronto tra la narrazione dei Sinottici e le notizie che possediamo del contesto ebraico in cui si svolse, permette chiaramente di stabilirne la peculiarità incentrata sul valore assolutamente nuovo che Gesù Cristo le attribuisce donandole un valore sacrificale in rapporto alla sua imminente Passione. In particolare le parole consacratorie pronunziate dal Cristo e riferite da Mt 26, 26-29; Mc 14, 22-25 e Lc 22, 15-20 ma già presenti in I Cor 11, 23-26, intepretate alla luce del discorso del "Pan di vita" di Gv 6, 22-59, costituiscono il nucleo fondamentale che immediatamente la prima comunità cristiana avrebbe riprodotto fedelmente con la medesima consapevolezza del loro valore redentivo. Le notizie e le fonti concernenti i primi tre secoli, sebbene preziosissime, restano tuttavia limitate: in ogni caso esse permettono di notare la presenza costante delle parole della consacrazione in tutte le anafore eucaristiche, ivi inclusa probabilmente anche quella cosiddetta di Addai e Mari nella sua forma primitiva.
Nel IV secolo appare per la prima volta all'interno delle catechesi ambrosiane riferite dal De sacramentis traccia esplicita del testo del canone romano. A partire da questo momento diviene possibile seguire precisamente nell'insieme come nel dettaglio la storia della messa, operazione che felicemente Uwe Lang porta a termine offrendo in sintesi genesi e sviluppo delle singole parti tra V e VI secolo. In questa sezione vengono ugualmente affrontate le vexatae quaestiones relative alla disposizione dell'altare basilicale e al numero dei luoghi di culto. Quanto alla prima, tuttavia, l'interpretazione fornita da Uwe Lang del testo dell'Ordo Romanus I (I, 51-53) non sembra essere del tutto convincente: se, come egli stesso nota, l'abside con i suoi magnifici mosaici puo essere associata all'est liturgico (209), non pare cogente l'affermazione che ne segue secondo la quale "celebrant ad people were certainly facing one another in a basilica with an eastward entrance". (209) In ogni caso l'accurata e pregevole analisi dell'Autore mette debitamente in valore il ruolo fondamentale e paradigmatico della liturgia stazionale non solo in rapporto alla costituzione del nucleo testuale della messa, ma anche per ciò che concerne la materialità ed il significato proprio dei riti, i quali consentono di apprezzare il ruolo del Papato nella prudente gestione del rapporto tra tradizioni locali e modello romano. La descrizione della cerimonia pontificia permette inoltre di cogliere un principio di capitale importanza sul quale Uwe Lang ha l'occasione di ritornare in seguito (354-355): la costituzione e l'adozione del messale plenario, lentamente prodottesi nei secoli, esigono alla loro comprensione la conoscenza della forma solenne, di cui esso non è che una riduzione operata in grazia di esigenze contingenti relative alla progressiva penuria di ministri in seguito alla dispersione imposta dalle necessità di un apostolato capillare.
Le sezioni che seguono costituiscono il nucleo centrale della ricostruzione storica in rapporto alla tesi del volume: sono dedicate a tratteggiare un quadro completo alla luce delle fonti disponibili, sempre piu numerose con lo scorrere dei secoli tra il periodo carolingio e l'epoca ottoniana, mostrando l'origine delle ultime modificazioni lentamente apportate alla struttura della messa, in virtù dell'inclusione di certe varianti locali nell'ordinario romano. L'Autore si cimenta egualmente nella discussione storiografica con lo scopo di sfatare vecchie tesi concernenti specialmente i secoli basso-medioevali. Degna di nota in tal senso la giusta critica (capitolo 8) che Lang muove tanto alla "nuova" corrente huizingiana [2], quanto alla vecchia mitologia romantica dell'epoca d'oro, nella quale la spontaneità devozionale avrebbe preceduto le moderne e stringenti codificazioni. Mostrando la complessità del periodo, che produce elementi di innovazione accanto a manifestazioni decadenti, l'Autore mette in rilievo l'importanza benefica del mantenimento della lingua latina, la quale godeva ancora a quell'altezza cronologica delle prerogative di una certa intellegibilità e unitarietà, che, lungi dall'impedire lo sviluppo della devotio moderna, la permisero alimentando la pietà popolare.
L'ultimo capitolo è dedicato al messale tridentino del 1570, che, all'indomani della chiusura del Concilio, segna il termine dell'evoluzione strutturale della messa romana, punto culminante del processo di trasmissione fedele e prudente adattamento delle venerande e antiche cerimonie descritte infine e prescritte nella sezione preliminare del Ritus servandus. Nonostante ci sfuggano le modalità storiche concrete della gestazione di questa editio typica, tuttavia non è difficile cogliere l'importanza del lavoro svolto con acribia sulle fonti, secondo la propizia attitudine diffusa dall'Umanesimo e che trovano eco solenne e autorevole nel testo stesso della bolla Quo primum tempore con cui Pio V l'emanava: "ad pristinam [...] sanctorum patrum normam ac ritum". Sono dunque specialmente degne di menzione le due appendici testuali rispettivamente ai capitoli 4 (145-153) e 8 (367-390) nelle quali il lettore puo facilmente comparare il dettato del canone con il testo del De sacramentis e leggere integralmente l'ordinario della messa confermato dal Concilio di Trento.
In conclusione, il lavoro di Uwe Michael Lang si impone per i suoi pregi che anzitutto derivano dalla sicurezza con la quale viene formulato il giudizio storico ben ponderato: chiarezza di sintesi, acribia nell'indagine sulle fonti e completezza bibliografica - i nomi di grandi studiosi del secolo scorso divenuti classici quali Duchesne [3] e Schuster [4] assenti dall'elenco, sono tuttavia presenti nel metodo impiegato e nei risultati raggiunti - che ne fanno al contempo eccellente manuale e solida monografia scientifica, gli permettono di attitolarsi come riferimento per chi voglia accostarsi allo studio della messa romana.
Note:
[1] Missarum sollemnia: Eine genetische Erklärung der römischen Messe, 2 voll., Wien 1962.
[2] Le Déclin du Moyen Âge, Paris 1948.
[3] Les origines du culte chrétien. Étude sur la liturgie latine avant Charlemagne, Paris 1925.
[4] Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale romano (ampia trattazione sulla liturgia in genere il vol. 1 e del vol. 2 le pagine 1-107), Torino / Roma 1932/1933.
Marco Sirtoli