Pat Wheatley / Elizabeth Baynham (eds.): East and West in the World Empire of Alexander. Essays in Honour of Brian Bosworth, Oxford: Oxford University Press 2015, XXVII + 372 S., ISBN 978-0-19-969342-9, GBP 90,00
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Julian Degen: Alexander III. zwischen Ost und West. Indigene Traditionen und Herrschaftsinszenierung im makedonischen Weltimperum, Stuttgart: Franz Steiner Verlag 2022
Fred S. Naiden: Soldier, Priest, and God. A Life of Alexander the Great, Oxford: Oxford University Press 2019
Evelyne Samama: La médicine de guerre en Grèce ancienne, Turnhout: Brepols 2017
Sviluppo di una conferenza dal titolo Conquest and Isolation tenutasi nel 2007 presso il Classics and Ancient History Department della University of Western Australia per festeggiare il pensionamento del prof. Brian Bosworth dopo 40 di attività, il volume, curato da Pat Wheatley ed Elisabeth Baynham, raccoglie sia i contributi presentati in quell'occasione sia altri aggiuntisi via via per un totale di 19 articoli su diversi aspetti della personalità di Alessandro Magno, della sua impresa, della sua eredità. Essi sono preceduti da un elenco di tutte le pubblicazioni di Bosworth dal 1970 in poi (XXI-XXVII) e seguiti dalla bibliografia (337-366) e dagli indici (367-372): un lavoro dato alle stampe nel 2013 ma apparso solo nel 2015 poco tempo dopo l'inattesa scomparsa del festeggiato.
Il volume è aperto da una essenziale quanto bellissima introduzione (XVI-XX) nella quale Baynham e Wheatley tratteggiano dal punto di vista scientifico ma anche umano la figura di Brian Bosworth, studioso insigne capace di dare una svolta agli studi su Alessandro Magno, ma anche figura di altissime doti umane diventata modello di riferimento per amici, colleghi, allievi. A ragione, dunque, i due curatori ritengono la raccolta un testamento dell'impatto e dell'influenza che i lavori di Bosworth hanno avuto sugli studiosi di tutto il mondo.
Gran parte dei contributi si lega a un aspetto specifico della vita, della spedizione, del mito, della storiografia, dell'eredità di Alessandro, cui Bosworth ha dedicato tutta la sua vita di studioso.
Apre il volume il lavoro di Judith Maitland ("Alexander the Great and the Anger of Achilles", 3-20) che indaga sull'origine del confronto tra Achille e Alessandro ricorrente nella storiografia relativa al re macedone. Seguono i contributi di Waldemar Heckel ("Alexander, Achilles and Herakles. Between Myth and History", 21-33) che, convincentemente dimostra come il motivo dell'imitazione di Achille non facesse parte dei temi della propaganda di Alessandro ma fosse piuttosto una costruzione tarda delle fonti che, nelle imprese e nella morte in giovane età del re macedone, colsero analogie con la parabola di Achille; di Lara O'Sullivan ("Callisthenes and Alexander the Invincible God", 35-52) che, aggrovigliandosi in ragionamenti del tutto speculativi, ritiene per lo meno dubbio il responso di invincibilità ottenuto da Alessandro a Delfi nel 336 a.C. e attendibile la notizia secondo la quale nel 324 a.C. gli Ateniesi dedicarono una statua ad Alessandro come "aniketos theos". In un lavoro molto originale Elizabeth Baynham ("Why the Devil Wears Prada. The Politics of Display in Military Kit in the Fifth and Fourth Centuries B.C.", 53-64) si sofferma sulla funzione che l'armatura rivestiva nel mondo antico sia come offerta agli dèi dopo la battaglia, sia come elemento distintivo del comandante (ad esempio Agamennone o Alessandro Magno) o di truppe scelte.
Edward Anson ("Alexander at the Beas", 65-74) si mostra assai scettico sulla tesi secondo la quale l'ammutinamento delle truppe sul Beas / Ifasi del 326 a.C. sarebbe stato inventato o istigato da Alessandro al fine di ottenere una giustificazione all'interruzione dell'impresa. Giustamente, sottolinea Anson, i resoconti delle fonti vanno in tutt'altra direzione attestando il reale dissenso delle truppe a proseguire nella spedizione verso est, un dissenso che colse di sorpresa lo stesso re.
David Whitehead ("Alexander the Great and the Mechanici", 75-91) si interroga sull'identità e sulle funzioni degli ingegneri / mechanikoi al seguito di Alessandro e, in particolare, su quella di un certo Filippo su cui le fonti danno pochissime informazioni.
Ian Worthington ("From East to West. Alexander and the Exiles Decree", 93-106) torna sulla spinosa questione relativa al decreto per il rientro degli esuli in Grecia emanato da Alessandro nel 324 a.C., mettendolo in stretta relazione con l'ordine impartito due anni dopo ai veterani a Opi di abbandonare l'esercito e tornare in patria. In altri termini, il decreto sarebbe stato lo strumento più idoneo per favorire il ritorno dei veterani in Grecia.
Norman G. Ashton ("Craterus revisited", 107-116) riprende in considerazione da altra prospettiva la figura del generale macedone Cratero che, trovandosi in viaggio verso l'Europa con le truppe costituite dai veterani congedati da Alessandro, fu penalizzato più di altri dalla morte improvvisa del suo re. Quest'evento, per un verso, gli impedì di subentrare ad Antipatro nel controllo di Macedonia e Grecia, per un altro, di partecipare attivamente alle decisioni prese a Babilonia dagli altri generali.
Daniel Ogden ("Nectanebo's Seduction of Olympias and the Benign Anguiform Deities of the Ancient Greek World", 117-131) si sofferma sul "Romanzo di Alessandro" dello Ps. Callistene e, in particolare, sull'episodio di Olimpiade che avrebbe concepito Alessandro unendosi al dio Ammone per il tramite del sacerdote Nectanebo.
Timothy Howe ("Cleopatra-Eurydice, Olympias, and the 'Weak' of Alexander", 133-146) riesamina l'episodio relativo all'uccisione per mano di Olimpiade di Cleopatra-Euridice, nipote di Attalo, e ultima sposa di Filippo. L'eliminazione della donna e di sua figlia Europa, da collocare nel 335 a.C., sarebbe stata motivata dalla volontà di Olimpiade di proteggere il proprio potere alla corte macedone contro una figura assai ingombrante cui Alessandro non si era mostrato ostile.
Elizabeth Carney ("Dynastic Loyalty and Dynastic Collapse in Macedonia", 147-162) riprende il considerazione gli anni 323-277 a.C. nei quali la Macedonia fu in preda a instabilità politica e caos.
Robin Lane Fox ("King Ptolemy: Centre and Periphery", 163-195) ripercorre la carriera di Tolomeo dalla morte di Alessandro al 305 a.C. sottolineando, tra l'altro, i rapporti tra l'opera storiografica del generale / re e quella di altre fonti contemporanee che si soffermarono sull'impresa di Alessandro.
Kenneth Sheeddy e Boyo Ockinga ("The Crowned Ram's Head on Coins of Alexander the Great and the Rule of Ptolemy as Satrap of Egypt", 197-239) si soffermano sul simbolo egiziano della testa di ariete coronata, che compare su alcune serie monetali di Alessandro coniate, secondo i due autori, dopo la morte di Alessandro all'insediamento di Tolomeo in Egitto (322-320 a.C).
Ugualmente spinoso è il tema scelto da Pat Wheatley per il suo contributo ("Diadoch Chronography after Philippus Arrhidaeus: Old and New Evidence", 241-258): la dibattuta cronologia dei diadochi (in particolare per gli anni 317-311 a.C.). L'autore prova a ricostruirla attraverso la riconsiderazione di nuove fonti, in particolare epigrafiche e numismatiche.
Getzel M. Cohen ("Polis Hellenis", 259-276) analizza l'espressione "Polis Hellenis" in epoca ellenistica e in territorio non greco (la Siria ad esempio), ritenendola riferita più che altro all'organizzazione e alle strutture di stampo greco di un dato insediamento.
David Kennedy ("Thapsacus and Zeugma", 277-298) si sofferma sull'esatta ubicazione delle città asiatiche di Tapsaco e Zeugma, poste sull'Eufrate e tappe indispensabili per i commerci in epoca greca e romana.
Jane Bellemore ("Valerius Maximus and His Presentation of Alexander the Great", 299-317) esamina aneddoti ed exempla riportati da Valerio Massimo su Alessandro rappresentato come grande comandante ed essere vicino agli dei sul modello dell'imperatore Augusto.
In un articolo un po' avulso dal tema del volume, Arthur J. Pomeroy ("Tacitus and the Crises of Empire", 317-329) si sofferma sul carattere dell'opera di Tacito in grado di scrivere con maggiore libertà rispetto ai suoi predecessori favorito dal clima più disteso creato dagli imperatori Nerva e Traiano.
Infine John R. Melville Jones ("Legimitizing the Emperor. The Solidus of Alexander III", 331-335), in un lavoro completamente estraneo al tema del volume, presenta, ma senza riportare a corredo alcuna immagine, alcune coniazioni risalenti all'imperatore bizantino Alessandro III (912-913 d.C.).
Sebbene il volume non si presenti perfettamente amalgamato al tema prescelto, rimane comunque lodevole il desiderio di curatori e Autori di onorare con questa pubblicazione Brian Bosworth. Di questo maestro resta sia la grande lezione di indagine storica sempre agganciata a una lettura attenta delle fonti, sia la lezione di vita: grande studioso in grado di dare una svolta alle ricerche su Alessandro, grande uomo capace di lasciare da parte il suo ruolo istituzionale e di mostrare a tutti doti di umanità, benevolenza e amicizia.
Giuseppe Squillace