Jörg Fündling: Philipp II. von Makedonien (= Gestalten der Antike), Mainz: Philipp von Zabern 2014, 230 S., 18 s/w.-Abb., ISBN 978-3-8053-4822-5, EUR 29,95
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Il volume di Jörg Fündling richiama l'attenzione su Filippo II. Si tratta di uno studio con un taglio 'tradizionale' vale a dire basato prevalentemente sulla ricostruzione e presentazione delle imprese militari del sovrano macedone.
Il lavoro si articola in tre parti ognuna delle quali divisa in capitoli per un totale di 11. La prima parte "Ein achtbarer Aufstieg" (13-62); la seconda parte "Grenzüberschreitung" (63-112); la terza parte "Zu gross für Frieden" (113-182) sono precedute da una breve introduzione (7-11) e chiuse dalle note ai capitoli (183-203), dall'albero genealogico della dinastia degli Argeadi (204), da una griglia cronologica relativa ai principali avvenimenti trattati (205-207), dall'elenco delle fonti (208-210), dalla bibliografia (211-220), dall'indice dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli (221-229). Il volume è arricchito da una serie di foto e cartine geografiche.
Non è per nulla agevole, in una bibliografia sterminata, affrontare una figura come quella di Filippo II senza il rischio di sembrare ripetitivi. Gli studi sulla Macedonia antica e sul personaggio, infatti, a tal punto si arricchiscono sempre più di nuovi lavori da scoraggiare qualsiasi tentativo di nuove ricostruzioni biografiche (ad es., da ultimi, F. Landucci Gattinoni, Filippo re dei Macedoni, Bologna 2012; I. Worthington, By the Spear: Philip II, Alexander the Great, and the Rise and Fall of the Macedonian Empire, Oxford University Press 2014; ma anche S. Müller, Alexander, Makedonien und Persien, http://books.google.com/books?vid=ISBN9783864640599Berlin 2014; T. Howe, E.E. Garwin, G. Wrightson (eds.), Greece, Macedon and Persia, Oxford 2015).
Il lavoro di Jörg Fündling intende offrire un ritratto di Filippo non solo alla ristretta cerchia degli specialisti ma anche (o soprattutto) al grande pubblico dei non addetti ai lavori. Il taglio divulgativo non va a discapito della scientificità. La ricostruzione degli eventi, pur senza affrontare nello specifico - e d'altronde non sarebbe stata la sede idonea né ce ne sarebbe stato lo spazio - la discussione dei testi e delle fonti, tuttavia proprio sulla fonti risulta basata.
L'Autore ricostruisce il regno di Filippo da un punto di vista prevalentemente se non esclusivamente militare interrogandosi in più punti sui vantaggi economici e strategici che una determinata azione militare poteva portare alla Macedonia e al sovrano. In funzione di questo aspetto prevalente riduce al minimo, e in alcuni casi trascura completamente, la componente ideologica che pure tanto spazio e tanta rilevanza ebbe per Filippo abile, più del figlio, a circondarsi di intellettuali; a usare con grande perizia lo strumento diplomatico prima di scendere in guerra; a bilanciare spada e parola in ogni occasione (ad esempio nel 357 per Anfipoli; nel 347 durante i negoziati di pace con Atene che portarono alla pace di Filocrate; nel 338 dopo la battaglia di Cheronea quando decise di tenere un comportamento completamente differente nei confronti di Atene e di Tebe: cfr. G. Squillace, Basileis o tyrannoi. Filippo II e Alessandro Magno tra opposizione e consenso, Soveria Mannelli 2004; Filippo II e Anfipoli nella propaganda macedone e antimacedone, "Eirene" 47, 2011, 106-117). Presentato solo nella veste di generale e grande stratega Filippo finisce per diventare una figura a metà che, sotto questo punto di vista, soccombe di fronte a quella del figlio Alessandro la cui impresa in Asia, pur avendo come base quanto il padre aveva costruito in Grecia, risulta comunque geograficamente più ampia. Se Filippo lentamente e inesorabilmente riuscì a penetrare nel frastagliato mondo greco, fu senza dubbio grazie alle sue straordinarie abilità militari, come evidenzia giustamente Jörg Fündling, ma anche grazie alle sue capacità diplomatiche che lo portarono a farsi alleato degli Olinti prima (357) e a diventare loro implacabile nemico poi (349); a essere alleato dei Tebani nel 354 e loro più aspro nemico nel 338; a presentarsi come nemico degli Ateniesi dal 357 in poi e loro amico dopo Cheronea. Ad esempio, il gesto delle corone di alloro con le quali Filippo ordinò ai soldati di cingere la testa nel 352 alla vigilia della battaglia contro Onomarco non è un gesto da poco (Iust. VIII 2.2-4; ma anche VIII 2.5.7) da ridurre a una semplice veloce menzione (69): esso dimostra invece con grande evidenza la capacità di Filippo di sfruttare a suo vantaggio il fattore religioso e di porsi dalla parte della giustizia nel conflitto come sacrilegii ultor e vindex sacrilegii. Il tema della giustizia divina e della vendetta gli permise prima di massacrare 'giustamente e in nome di Apollo' i Focesi sconfitti ai Campi di Croco nel 352, poi di distruggere le loro città, infine di diventare legittimamente membro dell'Anfizionia delfica nel 346 dopo la definitiva vittoria nella Terza Guerra Sacra. È questo stesso tema che Filippo sfrutta nella guerra contro Olinto (349-348). Le feste di Dion del 348, celebrate all'indomani della distruzione della città, non furono solo una "Demonstration königlicher Grosszügigkeit" o "wie ein 'richtiger' König gegenüber Freunden und Bewunderern aufzutreten hatte" (82), ma piuttosto l'occasione, sapientemente orchestrata dal re macedone, per dimostrare a tutti i rappresentanti del mondo greco che egli stesso aveva invitato (Diod. XVI 55), che la distruzione di Olinto, per quanto crudele ed esecrabile, era stata comunque giusta. Poiché gli Olinti avevano violato il trattato di alleanza siglato del 357 in nome di Zeus (158 Tod), Zeus stesso, a cui santuario di Dion e le feste erano dedicati, attraverso Filippo li aveva 'giustamente' puniti (cfr. G. Squillace, Basileis e tyrannoi, 139-142; Filippo il Macedone, Roma-Bari 2009, 31-33; La maschera del vincitore. Strategie propagandistiche di Filippo II e Alessandro Magno nella distruzione di città greche, "Klio" 93, 2011, 308-321): come nella guerra sacra contro i Focesi, anche in questo caso il re macedone vinceva la guerra ideologica, oltre che militare, puntando sul tema della 'vendetta' e della 'punizione degli dèi'.
Concentrato sull'aspetto militare il volume riduce a una semplice veloce menzione il discorso di Isocrate A Filippo (103) e addirittura tace completamente la lettera che l'accademico Speusippo tra il 343 e il 342 inviò al re macedone (cfr. A.F. Natoli, The letter of Speusippus to Philip II: introduction, text, translation and commentary, "Historia" Einz. 176, Stuttgart 2004) al fine di dare maggiore visibilità presso il re all'Accademia rispetto a Isocrate e forse anche ad Aristotele. Due documenti, questi, attraverso i quali si coglie con chiarezza l'importanza assunta da Filippo agli occhi di una parte intellettuali ateniesi e greci in genere non tutti, come Demostene, Egesippo e Iperide, a lui ostili.
Sulla base di quanto detto, quale immagine di Filippo emerge dal lavoro di Jörg Fündling? L'Autore presenta il re macedone come "ein methodischer Opportunist" in grado di cogliere al volo le situazioni per portare avanti i propri interessi (146) e capace di agire differentemente senza un piano preordinato e delle regole precise valutando di volta in volta le situazioni e sempre con "Flexibilität und Schnelligkeit". Se questa valutazione mi sembra ineccepibile, quella successiva secondo la quale l'operato di Filippo ebbe "keine politisches Programm, keine Ideologie" mi pare un po' azzardata. Filippo infatti fu un sovrano fortemente ellenizzato, ebbe alla sua corte intellettuali di spicco come Aristotele, Teopompo, Anassimene di Lampsaco, e lesse i discorsi di Isocrate e Speusippo. Se il re macedone con tutta probabilità affidò ad Anassimene la stesura della lettera agli Ateniesi del 341/39 (cfr. G. Squillace, La 'costruzione' di un casus belli per Filippo II e Alessandro Magno, "Athenaeum" 100, 2012, 111-125); se, seguendo i suggerimenti di Isocrate, nel 337 varò la spedizione asiatica; se dopo Cheronea risparmiò Atene coinvolgendola pienamente nel piano di guerra alla Persia, ciò significa che aveva un programma ben preciso che portò avanti con pazienza e opportunismo - quello di cui giustamente parla Jörg Fündling -, basandolo sulla cultura greca di cui egli stesso era depositario e di cui erano degnissimi rappresentanti gli intellettuali che lo sostenevano.
Dunque, sebbene la figura di Filippo trovi nelle imprese militari la sua realizzazione più forte, tuttavia senza il panorama culturale nel quale il re macedone visse e di cui fu parte attiva, la sua vicenda e il suo ruolo nella storia antica rimangono incompleti e solo in parte comprensibili. Un ritratto che, per quanto illuminato da successi in battaglia e conquiste, non manca di presentare molte zone d'ombra che sminuiscono la grandezza di un personaggio in grado di cambiare la storia del mondo greco e di porre le basi per la grande spedizione di suo figlio Alessandro.
Giuseppe Squillace